Termini per aderire al riversamento spontaneo chiusi: e ora?

28 Novembre 2024

Il 31 ottobre 2024 è scaduto il termine per aderire alla procedura di riversamento spontaneo messa a disposizione del legislatore con il Decreto-legge n. 146 del 2021.

A dispetto delle aspettative, ad oggi, tale procedura non pare aver riscosso il successo sperato.


I benefici della sanatoria e il mancato utilizzo

Questo, malgrado i benefici connessi alla procedura: azzeramento di sanzioni e interessi, non punibilità per il reato di indebita compensazione (art. 10-quater DL 74/2000) e promessa, arrivata in extremis, di un contributo in conto capitale da definirsi al riversamento, concesso in percentuale a chi avesse aderito entro il 31/10/2024.


Le incertezze delle imprese e le strade percorribili

Dunque, le imprese che hanno fruito di crediti di imposta R&S (articolo 3, DL 145/2013) e che non hanno colto l’opportunità della sanatoria, si interrogano oggi sui possibili sviluppi della vicenda nonché sulle soluzioni prospettabili

Le strade percorribili sono diverse e variano in base alla situazione in cui si trova l’impresa, vale a dire se per la stessa sia già intervenuta una contestazione ufficiale (Pvc e/o atto di recupero) oppure non ci sia ancora alcun rilievo da parte del Fisco.


La certificazione come principale strumento per le imprese

Coloro che non hanno ancora ricevuto formali constatazioni con processo verbale o un atto impositivo dovrebbero innanzitutto verificare la possibilità di richiedere la certificazione di cui al DL 73/22 ad un soggetto iscritto all’Albo del MIMIT, allo scopo di qualificare gli investimenti effettuati tra le attività ammissibili al credito d’imposta ricerca, sviluppo e innovazione ex articolo 1, commi 200-202, della legge 160/2019 (applicabile dal 2020 in poi) e/o al credito d’imposta ricerca e sviluppo ex articolo 3 del DL 145/2013 (applicabile dal 2015 al 2019).


L’importanza delle Linee Guida per la certificazione

La certificazione permette di legittimare le attività svolte dall'impresa sotto il profilo tecnico, eliminando così il rischio di future contestazioni in questo ambito da parte di Agenzia delle Entrate.

Occorre, tuttavia, considerare che, a luglio di quest’anno, il MIMIT ha pubblicato le Linee Guida per la certificazione richiamando i criteri del Manuale di Frascati (OCSE 2015) anche per le attività di R&S svolte nel periodo 2015-2019 e agevolate ai sensi del DL 145/2013.

A causa di tale decisione, la società potrebbe trovarsi nella condizione di ottenere una certificazione solo parziale o di non poter procedere a causa della completa mancanza di uno o più requisiti necessari per accedervi.


Le strategie difensive alternative alla certificazione

In tale prospettiva, è importante chiarire che anche se il contribuente fosse nell'impossibilità totale o parziale di certificare le proprie attività di R&S, avrebbe comunque la possibilità di far valere le proprie ragioni in giudizio. Le Linee Guida in materia di certificazione delle attività di R&S si basano sostanzialmente sui criteri del Manuale di Frascati (OCSE 2015), con l'intento di fornire un'interpretazione successiva e chiarificatrice della normativa originale.

Ne consegue che il perimetro entro cui l'Agenzia opera per fondare i propri disconoscimenti non coincide con quello delineato dalla normativa originaria, ovvero l’art. 3 del DL 145/2013, a cui tutti i crediti d’imposta per le attività di R&S svolte negli anni 2015-2019 fanno riferimento.

Pertanto, le imprese che si trovino in questa situazione, possono decidere:


  • di usufruire dell’istituto definitorio del ravvedimento operoso, così come regolato dall’art 13 del DL 18 dicembre 1997 n. 471, con conseguente riduzione di sanzioni


  • presentare istanza di accertamento con adesione, la quale permette di instaurare un contraddittorio con l’Ufficio al fine di rivedere la pretesa fiscale. Questa strategia potrà sicuramente condurre ad una riduzione delle sanzioni e probabilmente ad una rideterminazione parziale della pretesa, ma comporterà un rischio di accettazione implicita delle contestazioni


  • attendere la notifica dell’atto di recupero e difendersi in giudizio facendo valere le proprie ragioni. Il ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria permette di contestare formalmente l'atto di recupero. Questa opzione potrebbe condurre, in caso di esito positivo, ad un annullamento totale o parziale delle contestazioni, pur comportando tempi e costi elevati e pur essendo connotato da forte aleatorietà, propria di ogni tipo di procedimento giudiziale, che può essere “mitigato” in parte dal pressoché consolidato orientamento delle Corti di Giustizia pro contribuente


Conclusioni e prospettive future

La notifica di un PVC o di un atto di recupero preclude la possibilità di richiedere la certificazione ed impedisce che la stessa possa esplicare i propri effetti legali, tuttavia, è plausibile ritenere che un lavoro di approfondimento tecnico basato sui medesimi criteri previsti dalle Linee guida ministeriali e svolto da un certificatore iscritto all’apposito Albo, possa aiutare a sostenere la difesa delle ragioni tecniche del contribuente nella fase contenziosa o precontenziosa già avviata. 

Peraltro, la certificazione delle attività agevolate o di parte di esse, rende più arduo motivare l'inesistenza del credito d’imposta calcolato sui costi sostenuti per svolgere tali attività, soprattutto nei frequenti casi in cui tale motivazione deriva essenzialmente da valutazioni tecniche legate alla mancanza di nuove conoscenze rispetto allo stato dell’arte del settore di riferimento all’epoca di inizio dei lavori. 

A ben vedere, in tali circostanze, anche in presenza di certificazioni parziali, la parte di credito non riconducibile alle attività certificate dovrebbe essere ricondotta alla categoria della non spettanza, in quanto il credito risulterebbe utilizzato in misura superiore a quanto effettivamente spettante; viceversa, qualificarlo come inesistente, in quanto privo dei suoi presupposti costitutivi (i.e. novità rispetto al settore), risulterebbe irragionevole, anche perché quei presupposti non erano neppure indicati dalla norma protempore vigente (art. 3 del DL 145/2013).

Tali considerazioni si riflettono anche sui termini di accertamento, in quanto, per i crediti non spettanti compensati nel 2019 i termini scadrebbero a breve (31 dicembre 2024).


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