Il controllo dei crediti d’imposta per investimenti in R&S

25 Gennaio 2021

In base alle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 31 del 23 dicembre 2020, in sede di controllo, laddove i verificatori contestino all’impresa di avere erroneamente qualificato gli investimenti effettuati come attività di ricerca e sviluppo, si configura sempre un’ipotesi di utilizzo di un credito “inesistente” per carenza totale o parziale del presupposto costitutivo.

Questa tesi di Agenzia delle Entrate non convince, in quanto, a prescindere dal fatto che essa non tiene in debita considerazione le oggettive incertezze emerse nel tormentato percorso di definizione del perimetro delle attività agevolabili ai sensi dell’art. 3 del D.L. 145/2013, la sola mancanza del presupposto costitutivo non è condizione sufficiente per qualificare automaticamente un credito d’imposta quale “inesistente”.


In effetti, l'interpretazione adottata dall'Amministrazione Finanziaria ai fini della qualificazione del credito R&S come "inesistente", appare in palese contraddizione con la lettera della norma e la ratio sottesa al novellato art. 13, comma 5, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, in quanto l'ultimo periodo della già citata disposizione, come modificato dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, definisce inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli i formali di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

In estrema sintesi, se il credito d'imposta è inserito nella dichiarazione dei redditi ed è accompagnato dalla documentazione obbligatoria prevista ai fini dei controlli (e, quindi, la sua inesistenza può essere facilmente "intercettata" mediante controlli automatizzati), qualora i costi rilevati ai fini del calcolo dell’agevolazione siano stati effettivamente sostenuti e non sia rilevabile alcun comportamento fraudolento volto a creare artatamente il credito d’imposta, allora tale credito non può essere qualificato come "inesistente".

La Circolare conferma però una prassi già molto diffusa presso numerosi Uffici delle Entrate: in ipotesi di compensazione di crediti d’imposta per investimenti in R&S ritenuta indebita, quasi automaticamente viene contestato l’utilizzo di credito “inesistente”.

Lascia perplessi anche l’indicazione in base alla quale gli Uffici: “potranno procedere al recupero del credito d’imposta inesistente anche senza la previa acquisizione del parere tecnico del citato Ministero, laddove dovessero ritenere in base a proprie autonome valutazioni (tenuto conto altresì dei chiarimenti forniti sul tema nei documenti di prassi pubblicati o della assimilazione ad altre fattispecie già esaminate) che nella specifica fattispecie oggetto di controllo non ricorrano le condizioni di ammissibilità delle attività o delle spese al beneficio fiscale”.

Per maggiori informazioni su "Il controllo dei crediti d’imposta per investimenti in R&S", contattaci!

Tale categorica posizione non convince perché in questo modo, i verificatori, pur senza avere specifiche competenze tecniche, sono autorizzati a disconoscere una o più spese in quanto, in base alla loro opinione, manca, ad esempio, il requisito della novità o quello dell’incertezza oppure, secondo loro, le attività svolte dall’impresa sono irrilevanti per l’acquisizione di nuove conoscenze.

Tra l’altro, con specifico riguardo alla gestione delle istanze di interpello aventi ad oggetto esclusivamente la riconducibilità di una determinata attività all’ambito applicativo della disciplina agevolativa, la medesima Circolare adotta un approccio diverso e più rigoroso, in quanto esclude tali istanze dall’area di applicazione dell’interpello, perché l’istruttoria richiederebbe specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale che rientrano nell’ambito operativo di altre amministrazioni.

In buona sostanza, in fase di controllo i verificatori possono basarsi su proprie autonome valutazioni, pur non avendo le competenze tecniche necessarie, mentre nella gestione delle istanze di interpello che presuppongono il possesso delle medesime competenze si rimanda ad altre amministrazioni competenti in materia.


Fermo restando che gli abusi della norma devono sempre essere fermamente perseguiti, al fine di non inficiare l’efficacia di una misura essenziale per il rafforzamento competitivo del nostro sistema produttivo, recentemente confermata dal Governo nell’ambito del Piano Transizione 4.0 almeno fino al 2022, sarebbe auspicabile introdurre una misura di penalty protection.

Tale sistema dovrebbe prevedere la disapplicazione delle sanzioni esclusivamente qualora, nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o di altra attività istruttoria, l’impresa consegni all'Amministrazione finanziaria l’apposita documentazione prevista dalla disciplina agevolativa ai fini dei controlli.

Si tratterebbe oltretutto di un sistema molto semplice da introdurre, perché sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 471/1997 in tema di c.d. transfer pricing e a quello previsto dall'articolo 4, comma 2, del Decreto-legge n. 34 del 2019 in ambito patent box.


Contattaci per maggiori informazioni