Cambio di direzione sui crediti inesistenti

10 Dicembre 2021


Secondo la Cassazione per considerare inesistente il credito devono ricorrere contemporaneamente due requisiti:

  1. deve mancare il presupposto costitutivo del credito;
  2. l’inesistenza non deve risultare evincibile dai controlli automatizzati o formali o dai dati in possesso dell’amministrazione.


La mancaNza di un solo requisito non può quindi automaticamente qualificare il credito d’imposta disconosciuto come un credito inesistente.

Sempre secondo la Cassazione la mancanza del presupposto costitutivo deve derivare da una situazione non reale o non vera, «ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza».

Con specifico riguardo al credito d’imposta R&S, la mancanza del presupposto costitutivo ricorre quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali finanziari del contribuente e/o mancano elementi tangibili per giustificarla.

Per integrare il secondo requisito dell’”inesistenza”, la mancanza del presupposto costitutivo del credito non deve emergere dal confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti richiesti al contribuente.

In sostanza, nella maggior parte dei casi, il credito d’imposta può essere qualificato come inesistente quando è stato artatamente generato mediante operazioni simulate o attraverso documenti falsi, ancorché lo stesso credito sia stato indicato in dichiarazione.

La Cassazione, pertanto, ha fatto finalmente chiarezza, abbandonando il proprio precedente orientamento, in favore di una netta distinzione tra la nozione di credito inesistente e quella di credito non spettante, ancorando l’inesistenza ad una fattispecie necessariamente più ristretta rispetto a quella generale, evidentemente ritenuta più grave.

Il nuovo approccio adottato dalla Cassazione è molto chiaro nello stabilire che la nozione di credito inesistente risulta quindi residuale rispetto a quella di credito non spettante, che deve invece rappresentare la regola.

Con riguardo ai controlli sui crediti d’imposta R&S 2015-2019 l’auspicio è che gli effetti di tali pronunce possano influenzare le prassi delle Entrate, specie sul piano sanzionatorio.

Alla luce di tali sentenze sarebbe opportuno che Agenzia delle Entrate modificasse le indicazioni fornite con la circolare 31/E del 23 dicembre 2020, nella quale confermava la prassi accertativa in base alla quale vengono automaticamente qualificati come inesistenti, in quanto mancanti (anche solo in parte) del presupposto costitutivo, tutti i crediti fruiti sulla scorta di attività ritenute prive (dagli Uffici) dei requisiti di natura tecnica descritti dalla più recente prassi ministeriale e di Agenzia delle Entrate.

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Sulla questione dei ripetuti interventi di prassi ad opera delle Entrate e del Ministero dello Sviluppo Economico intervenuti successivamente alla fruizione del credito d’imposta da parte delle imprese - ribadita anche dalla relazione illustrativa al decreto-legge 21 dicembre 2021, n.146 – vale la pena segnalare la recente sentenza n. 46 depositata l’8 novembre 2021 della Commissione tributaria provinciale di Aosta, nella quale si afferma il principio che, ai fini della corretta fruizione del credito R&S, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità per l’impresa. Non deve quindi necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza.

Considerando che moltissimi dei crediti disconosciuti da Agenzia delle Entrate sono stati qualificati come inesistenti a causa della mancanza del requisito della novità delle conoscenze acquisite attraverso le attività di R&S, riteniamo si tratti di una sentenza importante per tutte le imprese che avevano fatto affidamento sulla formulazione originaria della disciplina agevolativa.

Inoltre, coerentemente con le recenti pronunce delle Cassazione, la citata sentenza della CTP di Aosta afferma che il credito inesistente è quello fittizio, cioè creato ad arte.

Nella prospettiva sopra delineata andranno anche valutati i riflessi sui termini di accertamento, poiché, in base alle previsioni dell’articolo 27, comma 16, del Dl 185/2008, l’atto di recupero deve essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito inesistente. Questo termine maggiorato vale tuttavia solo per i crediti inesistenti.

Quando invece il credito risulta non spettante, il termine decadenziale dell’avviso di recupero è lo stesso dell’atto di accertamento ordinario – ad oggi quello del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione - tuttavia, anziché al momento di presentazione della dichiarazione, occorre far riferimento al momento di utilizzo del credito

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