Addio al vecchio Patent Box? Ecco come stanno le cose

17 Novembre 2021


Il nuovo regime è completamente differente dal preesistente: il Patent Box consentiva la detassazione del reddito derivante dall’utilizzo dei beni immateriali, mentre il nuovo regime consiste in una maggior deduzione - ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP - pari al 90% dei costi di R&S sostenuti per la creazione e lo sviluppo dei suddetti beni.

La nuova agevolazione è alternativa al credito di imposta per le attività di ricerca, sviluppo, innovazione e design di cui ai commi 198-206 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019, pertanto i medesimi costi non possono concorrere alla determinazione della base di calcolo di ambedue gli incentivi.

Il nuovo regime è stato congegnato ricalcando il collaudato meccanismo degli incentivi agli investimenti in beni strumentali noti come super e iperammortamento.

In sostanza, ogni 100 euro spesi per attività di R&S su beni immateriali, il contribuente ne dedurrà 190. Il beneficio fiscale derivante dalla norma è dunque pari al 25,11% della spesa (dato dal 90% delle aliquote Ires e Irap correnti). Se però le spese super-deducibili rientrano anche nel credito di imposta di cui alla legge n. 160 del 2019 l’impresa perderà quest’ultimo beneficio dato che le due agevolazioni non sono cumulabili.

Ad oggi un confronto in termini di convenienza tra il vecchio ed il nuovo regime appare molto difficile, in quanto dipende da numerose variabili, inoltre, il provvedimento dell’Esecutivo non chiarisce ancora quali sono le spese agevolabili, vengono solo richiamate le attività finalizzate alla creazione e allo sviluppo degli intangibili, senza specificarle.

Al momento il Governo ha dato massima disponibilità per correggere un errore del decreto riguardante la decorrenza del periodo transitorio tra i due regimi, in modo da salvaguardare tutte le opzioni esercitate nelle dichiarazioni dei redditi 2021, anche dopo l’entrata in vigore del provvedimento.

Resta il fatto che, secondo molti osservatori, l’abrogazione del Patent Box in favore del nuovo regime indebolisce, nel suo complesso, il sistema nazionale degli incentivi alle imprese per ricerca, sviluppo e innovazione.

Il Governo sembra però fermo sulle proprie posizioni e punta ad un risparmio di cassa di circa 363 milioni in tre anni (2022-2024), evidenziando anche alcuni vantaggi per le imprese derivanti da:

  • semplificazione del meccanismo di calcolo del beneficio e, quindi, minori oneri amministrativi a carico dei beneficiari;
  • maggiore certezza e celerità nella fruizione del beneficio stesso rispetto alle tempistiche attuali;
  • livello di complessità significativamente inferiore e connessa mitigazione dell’attuale aleatorietà derivante da potenziali contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria.

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Le maggiori associazioni imprenditoriali si sono però schierate in modo compatto a difesa del Patent Box facendo notare che si tratta di un regime consigliato dall’Ocse a tutti gli Stati con il duplice obiettivo di rilanciare la crescita delle imprese e allo stesso tempo tutelare la proprietà intellettuale.

Secondo molti osservatori, la scelta del Governo, dettata principalmente da esigenze di cassa, difetta però sul piano strategico, in quanto, rinunciare al Patent Box - misura attualmente in uso in molti altri Paesi direttamente concorrenti con l’Italia - significa anche ridurre la capacità di attrarre investimenti nel nostro Paese e rischiare la ricollocazione all’estero di beni immateriali attualmente posizionati in Italia.

Altro appunto mosso al nuovo regime riguarda la sovrapposizione con il credito d’imposta ricerca, sviluppo, innovazione e design, in molti si chiedono per quale ragione si sia optato per un nuovo regime anziché utilizzare uno strumento già esistente per premiare in maggior misura le spese di R&S sostenute in relazione agli asset intangibili.

Il nuovo regime necessita di un provvedimento attuativo delle Entrate, richiederà senz’altro un periodo di rodaggio e contraddice la buona prassi di fare affidamento su regole certe, puntando su misure strutturali costanti nel tempo.

Vi sono poi timori che l’abrogazione del Patent Box possa frenare la crescita dei brevetti italiani fatta registrare negli ultimi anni, mentre alcuni analisti segnalano che il nuovo regime non premia il risultato e la qualità della proprietà intellettuale, in quanto non calcolato sul risultato derivante dal proficuo utilizzo degli asset immateriali, ma sulla spesa sostenuta per creare tali asset.

In conclusione, qualora il nuovo regime di cui all’art. 6 del D.L. n 146 del 2021 fosse confermato, assomiglierebbe più ad una estensione dell’attuale credito di imposta ricerca, sviluppo, innovazione e design che al vecchio Patent Box, in particolare si potrebbe ottenere un’intensità di aiuto maggiorata per le attività di R&S relative ad un intagibles.

Il maggior beneficio sarebbe pari a circa il 25% dei costi agevolati, a fronte di un 20% per il 2021 e 2022 e del 10% dal 2023 al 2031 previsto dal credito di imposta ricerca, sviluppo, innovazione e design.

La reale portata del beneficio per le imprese andrà però valutata dopo un’attenta lettura della legge di conversione, della legge di Bilancio 2022, ma anche del provvedimento attuativo di Agenzia delle Entrate.

Per intercettare le opportunità offerte da questa fase transitoria è opportuno che le imprese rafforzino fin da subito le proprie strategie di tutela della proprietà intellettuale, continuando a tracciare analiticamente i costi di ricerca, sviluppo, innovazione e design sostenuti del 2021, in modo da riuscire a massimizzare il beneficio fiscale complessivo derivante dalla combinazione tra il credito d’imposta e il nuovo regime in corso di definizione.

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