Terapia d’urto contro l’incertezza: le quattro cose da fare subito

13 Marzo 2020


In base alle informazioni fin qui raccolte dal nostro osservatorio, per ridare fiducia alle imprese manifatturiere, sarebbe importante fare subito i seguenti quattro passi.

1. Sbloccare gli incentivi esistenti

  • Sono scaduti i 60 giorni previsti dall’art.1, comma 200, della legge di Bilancio 2020, per la pubblicazione del decreto del Mi.S.E. per la corretta applicazione delle definizioni, indispensabili per accedere al nuovo credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative. Dal nostro punto di vista si tratta di una misura fondamentale per fare in modo che sempre più aziende siano incentivate a investire nell’innovazione tecnologica e nello sviluppo di nuove tecnologie;

  • Manca ancora il decreto direttoriale del Mi.S.E. che stabilisce il modello, il contenuto, le modalità e i termini di invio della comunicazione dei dati sugli incentivi del piano Transizione 4.0 da parte delle imprese;
    Il settore fieristico è certamente uno di quelli più colpiti dell’emergenza Coronavirus, perché sono stati cancellati o rinviati tantissimi eventi e manifestazioni internazionali. Il credito d’imposta per le fiere internazionali introdotto per il 2019 dal dl Crescita del 2019, poi esteso al 2020 dalla legge di Bilancio 2020, avrebbe potuto dare un po’ di respiro a tutto il comparto ma, dopo i continui rinvii dello scorso anno, la misura è ancora ferma al palo perché manca il decreto del Mi.S.E., che di concerto con il MEF, avrebbe dovuto stabilire le modalità applicative dell’incentivo.

2. Potenziare gli incentivi esistenti, in particolare il Piano Transizione 4.0

  • L’articolo, comma 184, della legge di Bilancio 2020, ridefinisce la disciplina degli incentivi fiscali nella prospettiva di un orizzonte temporale pluriennale, tuttavia, allo stato attuale, il quadro agevolativo di riferimento – costituito da credito d’imposta R&S, innovazione e design, credito d’imposta per beni strumentali 4.0 e credito d’imposta formazione 4.0 - ha solamente un respiro annuale, pertanto, occorrerebbe stabilizzare gli incentivi rendendoli triennali;

  • Oltre all’estensione della loro durata gli incentivi andrebbero anche intensificati, preferibilmente aumentando le percentuali degli sconti fiscali applicabili, perché, al contrario, innalzare le soglie degli investimenti incentivabili, potrebbe avere effetti positivi limitati sulle PMI, che tipicamente investono meno in nuove tecnologie rispetto alle imprese di maggiori dimensioni ma, allo stesso tempo, sono di norma i soggetti più a rischio in situazioni di crisi come quella attuale.


3. Migliorare le ricadute degli incentivi introdotti dal precedente Piano Impresa 4.0

  • Il Mi.S.E. è impegnato ormai da oltre due anni in una sistematica azione di interpretazione dell’ambito oggettivo del precedente credito d’imposta R&S di cui all’articolo 3 del dl 23 dicembre 2013, n.145. Si tratta di un’attività importante, ma purtroppo tardiva, perché l’applicazione della misura è iniziata di fatto già nel 2016, a valere su spese di R&S sostenute nel periodo d’imposta 2015 e nel triennio precedente. In condizioni normali, valutare l’applicazione della misura senza inquadrarla in una corretta prospettiva storica, significherebbe trasformare il principale strumento di sostegno agli investimenti privati in ricerca e sviluppo del Paese in un dispositivo dannoso per il sistema produttivo nazionale. A maggior ragione, in una situazione di emergenza come quella attuale, significa in sostanza mettere gravemente a rischio la stabilità di un numero importante di imprese sane. Pur continuando l’azione di contrasto verso gli abusi della norma e tutte le forme di utilizzo fraudolento dell’incentivo fiscale, arrivati a questo punto, sarebbe auspicabile prendere atto che il Mi.S.E., tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, ha riconsiderato il proprio orientamento interpretativo, iniziando a chiedere l’applicazione rigorosa dei requisiti previsti dal Manuale di Frascati del 2015. Alla luce della sopra delineata prospettiva, sarebbe pertanto utile emanare tempestivamente un provvedimento, per consentire alle imprese che hanno sostenuto investimenti innovativi, ma che non sono in grado di comprovare la piena rispondenza delle attività svolte nel periodo 2015-2017 ai suddetti requisiti, di non subire provvedimenti sanzionatori.

  • La Risposta n.82 del 28 febbraio 2020 di Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Grandi Contribuenti, avvalorando un parere del Mi.S.E., fornisce un ulteriore contributo definitorio dell’ambito oggettivo del precedente credito d’imposta R&S di cui all’articolo 3 del dl 23 dicembre 2013, n.145, inserendosi nel solco dell’orientamento interpretativo adottato dal Mi.S.E. a partire da inizio 2018. La Risposta riporta la descrizione fornita dall’istante circa lo studio effettuato nel settore del retail food, per valutare nuovi modelli d’impresa, in grado di adottare una serie di principi tipici dell’economia circolare, come il recupero e il riciclo dei rifiuti. L’istante propone di includere tale studio tra le attività di R&S perché rispondente ai cinque requisiti contemplati dal Manuale di Frascati. La risposta dell’Ufficio nega però l’esistenza dei requisiti di novità e creatività nelle attività realizzate dall’istante, sia con riguardo ad altri settori commerciali, sia con specifico riferimento al settore della GDO in cui esso opera. A questo punto l’Ufficio spiega che l’attività svolta dall’istante dovrebbe essere inquadrata non come un’attività di R&S, bensì come uno studio di fattibilità volto essenzialmente a valutare la sostenibilità tecnica ed economica del nuovo modello di gestione dei rifiuti. In tale ottica osserva poi che lo studio svolto dall’istante non presenta alcun rischio d’insuccesso tecnico, quindi manca di soddisfare il requisito dell’incertezza che caratterizza invece tutte le attività di R&S. A ben vedere, la soluzione interpretativa proposta dall’istante è fuorviante, perché tenta di applicare la nozione di R&S (e suoi cinque requisiti) ad uno studio di fattibilità, che è qualcosa di diverso e distinto dall’attività di R&S. In realtà, anche la Risposta dell’Ufficio appare non conferente, perché si pone sullo stesso piano dell’istante argomentando che, lo studio di fattibilità, non è ammissibile tra le attività di R&S perché privo di rischio d’insuccesso tecnico, quindi del requisito dell’incertezza, ma è evidente che uno studio di fattibilità, per definizione, serve per ridurre l’alea di un progetto di R&S, non per superare un problema tecnico la cui soluzione è incerta sulla base delle conoscenze disponibili. Sarebbe quindi stato più semplice - e anche più corretto - giungere alla conclusione che, lo studio di fattibilità elaborato dall’istante, sarebbe potuto rientrare tra le attività ammissibili perché espressamente previsto dall’art.2, comma 1, lettera c), del decreto 27 maggio 2015, in quanto non si possono applicare i requisiti del Manuale di Frascati a qualcosa che non rientra per definizione nell’attività di R&S. A conferma di ciò è opportuno ricordare che, i criteri del Manuale di Frascati, richiamati al punto 75 della Comunicazione della Commissione Europea 198/01 del 2014 “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, servono per classificare le attività di R&S, ma la stessa Comunicazione, al punto 15, distingue esplicitamente gli studi di fattibilità dalle attività di R&S. In conclusione, alla luce dell’attuale emergenza, sarebbe oltremodo auspicabile che l’azione di sistematizzazione interpretativa condotta dal Mi.S.E. fosse caratterizzata da un orientamento meno restrittivo e forse anche più coerente con lo spirito originario della norma.


4. Migliorare l’azione di accertamento sugli incentivi fiscali introdotti dal precedente Piano Impresa 4.0


  • Il contrasto di Agenzia delle Entrate verso tutti i comportamenti mirati ad utilizzare in maniera fraudolenta il credito d’imposta R&S, di cui all’articolo 3, del dl 23 dicembre 2013, n.145, resta un’azione fondamentale per espellere dal sistema i soggetti potenzialmente in grado di sottrarre risorse pubbliche scarse, ma preziose per sostenere gli investimenti degli operatori economici sani. Tutto ciò premesso, sotto il profilo sanzionatorio, sarebbe auspicabile un allineamento di Agenzia delle Entrate verso le posizioni autorevolmente espresse da Assonime nella circolare n. 23 del 14 novembre 2019. In sintesi, nell’ipotesi di “errori commessi dai contribuenti nell’identificazione dell’ambito oggettivo del credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo … La sanzione più appropriata sia da un punto di vista logico sistematico che da un punto di vista equitativo, dovrebbe essere quella prevista per il credito non spettante, mentre quella più grave per il credito inesistente dovrebbe trovare applicazione solo nelle più circoscritte ipotesi connotate da fraudolenza, quali ad esempio quelle in cui l’impresa abbia svolto un’attività che nemmeno in astratto può qualificarsi quale attività di ricerca e sviluppo oppure abbia effettuato meri investimenti in beni materiali e immateriali”;


  • Il Dl 11/2020 sospende, fino al 22 marzo 2020, le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti e il compimento di qualsiasi atto. Tali previsioni sono estese al processo tributario, tuttavia, la sospensione dei termini pare operare solo rispetto ai procedimenti pendenti, cioè quelli per i quali è già stato instaurato il processo. Ne consegue che gli atti tributari per i quali scadranno nei prossimi giorni i termini di impugnazione, sono esclusi. Sarebbe pertanto opportuno estendere la sospensione dei termini di scadenza degli atti tributari anche con riguardo ai procedimenti non pendenti, perché l’attuale emergenza sta di fatto bloccando le attività di raccolta documentale, i confronti con i professionisti, le comunicazioni con i funzionari e gran parte delle altre attività accessorie necessarie per instaurare un corretto contradditorio. Inoltre, in questa fase delicata, sarebbe senz’altro utile adottare maggiore flessibilità da parte degli Uffici, concedendo all’impresa più di tempo per raccogliere dati e documenti in corso di verifica fiscale, anche per riaffermare nei fatti, in questo particolare momento, i principi di collaborazione e buona fede che, secondo lo Statuto del Contribuente, devono caratterizzare i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria.


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