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Riversamento spontaneo dei crediti R&S: conviene aderire?
Nella Gazzetta ufficiale del 18 ottobre è stato pubblicato il DL 145/2023 che, all’articolo 5, reca “Disposizioni urgenti in tema di procedure di riversamento del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo” 2015-2019. A seguito della modifica introdotta dal citato Decreto collegato alla prossima manovra finanziaria, il termine ultimo per la presentazione dell’istanza di regolarizzazione è stato prorogato – come si auspicava, in attesa delle Linee Guida propedeutiche alla certificazione delle attività - al 30 giugno 2024, in luogo dell’attuale scadenza del 30 novembre 2023. Le scadenze previste per i versamenti sono da intendersi: versamento in unica soluzione o prima rata il 16/12/2024; versamento della seconda e terza rata, rispettivamente, il 16/12/2025 e il 16/12/2026. In ragione di tale proroga, l’articolo 5 del DL 145/2023 prevede altresì che, in deroga allo Statuto dei diritti del contribuente, il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, è prorogato di un anno con riferimento ai Crediti d'imposta utilizzati negli anni 2016 e 2017.
Mediante la procedura di riversamento spontaneo possono essere regolarizzati, senza l’irrogazione delle sanzioni e l’applicazione degli interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, fruiti in compensazione fino al 22 ottobre 2021. Il corretto perfezionamento della procedura di riversamento esclude anche eventuali condanne penali per il contribuente per il reato di indebita compensazione.
Cosa cambia?
Rispetto alla situazione di un anno fa, ossia prima del 30.09.2022, termine per l’adesione alla procedura di riversamento poi più volte prorogato, nei propri calcoli di convenienza, le imprese dovrebbero considerare anche il fatto che, in materia di credito R&S, si è ormai consolidato un orientamento giurisprudenziale largamente favorevole ai contribuenti. Nel solco di tale orientamento si inserisce, ad esempio, la sentenza della C.G.T. II Marche 21.9.2023 n. 738/1/23, emblematica della debolezza su cui si fonda la posizione di Agenzia delle Entrate in tanti recenti contenziosi in materia di crediti R&S.
Leggendo il dispositivo della citata sentenza emerge che, Agenzia delle Entrate, dopo aver analizzato la documentazione presentata dalla società relativa al 2015, ha concluso che le attività descritte non sono riconosciute come attività di R&S ammissibili, in quanto non finalizzate al superamento di un ostacolo scientifico o tecnologico sulla base dello stato dell'arte del settore, trattandosi di semplici adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, pur in presenza di miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.
Tuttavia, i giudici marchigiani, richiamando nelle motivazioni della sentenza il principio generale del "tempus regit actum" che governa il processo tributario, sulla scorta degli insegnamenti della Corte Costituzionale, chiariscono che “le valutazioni della legittimità della richiesta di credito d'imposta formulata dal contribuente e quella dell'atto di accertamento (ergo recupero) emesso dall'Agenzia delle Entrate vanno ricondotte con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento delle loro adozioni”.
Ne consegue, quindi, che il giudice è sempre chiamato ad applicare alla fattispecie esaminata la normativa pro-tempore vigente ed applicabile per il periodo di imposta oggetto di giudicato.
Ebbene, nei periodi di imposta 2015-2016, la normativa in vigore per il credito d'imposta R&S era regolamentata dall'articolo 3 del DL 145 del 23.12.2013, convertito nella legge n. 9 del 21.2.2014 e successivamente modificato dall'articolo 1, comma 35 della legge n. 190 del 23.12.2014. La normativa regolamentare, per l'applicazione pratica del credito d'imposta, fu emanata tempestivamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con Decreto del 27 maggio 2015.
Secondo la Corte, il legislatore ha successivamente avvertito la necessità di circoscrivere meglio il perimetro delle attività di R&S attraverso i criteri forniti dal cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015", documento all’epoca non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente, ma che ha trovato una postuma consacrazione legislativa solo attraverso il comma 200, dell'articolo 1, della legge n. 160 del 27.12.2019.
Ne consegue che, almeno fino a tutto il 2019, l'attività di R&S doveva in ogni caso essere individuata da specifici progetti accompagnati da tutta la documentazione a corredo dalla legge pro-tempore vigente (art. 3 DL 145/2013 e DM 27.5.2015), pertanto, dobbiamo concludere che Agenzia delle Entrate non può negare il diritto di beneficiare del credito d'imposta basandosi su fonti diverse e successive.
Oltre a questa importante conclusione, che azzera di fatto le interpretazioni di prassi postume, la Corte ritiene di uniformarsi al recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione che distingue nettamente i crediti non spettanti da quelli inesistenti, ancorando la nozione di questi ultimi ad una dimensione “non reale” o “non vera”, ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza.
Ne consegue che, l'atto di accertamento per il recupero del credito d'imposta non spettante, arbitrariamente qualificato da Agenzia delle Entrate quale inesistente, deve considerarsi fuori termine se notificato dopo l'ordinario termine previsto dall'art. 43 del DPR 600/73 – ratione temporis vigente - fissato per il 2015 entro il termine del 31.12.2020.
Pertanto, questa seconda conclusione a cui giunge la Corte, peraltro coerente anche con le indicazioni fornite dalla delega fiscale, la quale invita l’Esecutivo a “introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”, induce a ipotizzare che, gli eventuali futuri recuperi riguardanti i periodi 2015 e 2016, se motivati esclusivamente da questioni di natura interpretativa, potranno essere ritenuti illegittimi.
Il contribuente che abbia realmente sostenuto spese di R&S nel periodo 2015-2019 e che ha il dubbio se le stesse siano qualificabili, in tutto o in parte, come attività di ricerca e sviluppo, potrebbe dunque seguire i seguenti passi:
- iniziare a valutare la possibilità di richiedere la certificazione attestante la qualificazione delle attività inerenti ai progetti di R&S (n.d.r. sugli effetti della certificazione si rimanda all’articolo dedicato della nostra Newsletter) sulla base dei criteri previsti dal DM del 26 maggio 2020, nonché sulla scorta delle Linee Guida (ad oggi non ancora emanate) di cui al DPCM previsto dal DL 73/2022, poi convertito in legge dalla legge 4 agosto 2022, n. 122, ora in fase di registrazione alla Corte dei conti;
- in caso di valutazione positiva (o parzialmente positiva), predisporre tutta l’eventuale documentazione tecnica, contrattuale e contabile rilevante ai fini del rilascio della certificazione;
- in caso di valutazione negativa (o parzialmente negativa), stabilire se avvalersi della procedura di riversamento entro i termini previsti oppure, in caso di ricevimento di eventuale avviso di recupero, se far valere le proprie ragioni in giudizio in considerazione dell’orientamento giurisprudenziale delineatosi.
Nello scenario raffigurato, l’eventuale emanazione di Linee Guida per il rilascio della certificazione sui progetti di R&S 2015-2019 in contrasto con il principio generale del "tempus regit actum", risulterebbe tuttavia insostenibile, in quanto contrario agli insegnamenti della Corte costituzionale (Sent. 49 del 2016; Sent. 30 del 2016; Sent. 151 del 2014), confermati anche dalla Corte di Cassazione in materia tributaria (Cass. Civ. sent. 3633/2015; 1476/2015; 27525/2014; 15016/2014; 24998/2013), pertanto, si auspica l’emanazione di Linee Guida per il rilascio della certificazione sui progetti di R&S 2015-2019 calibrate in modo da risultare coerenti con la normativa pro-tempore vigente.
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