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Riforma sistema sanzionatorio: nuove definizioni di crediti inesistenti e non spettanti ma l’obiettivo non è stato raggiunto
Il legislatore della riforma fiscale ha delegato il governo affinché in sede di revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale introducesse “in conformità con gli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti d’imposta non spettanti e inesistenti”.
Tale esigenza è nata in ragione delle difficoltà teoriche e applicative generate dal dettato del previgente art. 13 del d.lgs. n. 471/97, nel quale si rinvengono le definizioni di crediti non spettanti e inesistenti vigenti ante riforma.
E’ definito inesistente il credito “in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54-bis del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633” (art. 13, c. 5,d.lgs. n. 471/97); non spettante quello esistente, utilizzato in compensazione in misura eccedente o in violazione rispetto a quanto previsto dalla legge (art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 471 del 1997).
Nuove definizioni di Crediti Inesistenti
Dalla lettura di tali definizioni si evince la difficoltà di individuare in maniera netta una delle due fattispecie, data per esempio, l’estrema vaghezza del requisito di inesistenza della “carenza del presupposto costitutivo”; oppure per il fatto che non dovevano essere considerati come inesistenti i crediti che, pur configurandosi come tali dal punto di vista fenomenico perché basati su condotte fraudolente, erano facilmente intercettabili tramite i controlli formali ex art 36-bis e 36-ter.
La questione già da tempo ampiamente dibattuta, è stata anche oggetto di numerose sentenze in sede giurisprudenziale da parte della Corte di cassazione che però non è state in grado di dirimere la questione in via definitiva.
Il decreto delegato è intervenuto su tale complicato assetto normativo, fornendo nuove definizioni di credito inesistente e non spettante e unificando le stesse sotto il profilo penale e tributario, venendo dunque meno, ogni dubbio in merito alla possibilità che esistano definizioni differenti in ambito tributario rispetto a quelle valevoli in ambito penale.
Nuove definizioni di Crediti Non Spettanti
Si definiscono crediti inesistenti (lett g-quater):
- i crediti per i quali mancano in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
- i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al numero 1) sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici;
Crediti non spettanti (lett g-quinquies):
- i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento;
- i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;
- i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza
Il legislatore riconosce due categorie di crediti inesistenti: quella che si caratterizza per la mancanza dei “requisiti oggettivi o soggettivi individuati dalla normativa di riferimento” e quella che si connota per il fatto che detti requisiti sono il frutto di “rappresentazioni fraudolente, basate su documenti materialmente ed ideologicamente falsi, simulazioni o artifici”.
Distinzione tra Crediti Inesistenti e Non Spettanti
Quanto alla prima categoria, si passa quindi dalla carenza del presupposto costitutivo alla mancanza degli elementi soggettivi o oggettivi, risultando però evidente che le due locuzioni sono sostanzialmente equivalenti sul piano del significato ad esse attribuito.
Il vero passo in avanti si rinviene nella previsione che i requisiti mancanti debbano risultare in modo specifico dalla normativa di riferimento, sicché non dovrebbe essere più possibile contestare l’inesistenza utilizzando interpretazioni che non trovino preciso riscontro nella legge istitutiva dell’agevolazione. Nel caso specifico del credito d’imposta ricerca e sviluppo nelle varie interpretazioni di prassi postume rispetto alla normativa originaria che fanno riferimento in maniera illegittima al Manuale di Frascati nella sua versione del 2015.
Si può inoltre parlare di crediti inesistenti anche nel caso di attività realmente svolta che si sgancia quindi dal contesto simulatorio e fraudolento. Sparisce inoltre dalla nozione di credito inesistente la sua intercettabilità tramite i controlli automatizzati: è come se la categoria di tale credito venisse ampliata e sganciata dalla condotta fraudolenta.
Criticità interpretative e applicative
La risposta sanzionatoria resta unificata a livello penale mentre viene graduata in ambito tributario. È prevista una nuova sanzione amministrativa pari al 70% del credito contestato irrogata per gli inesistenti di cui alla prima categoria, che va aumentata dalla metà al doppio per quelli fraudolenti di cui alla seconda categoria. (art 13 comma 5-bis del d.lgs. 471/97).
Nel decreto viene inoltre introdotta una causa di non punibilità: il reato non è punibile quando, per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari condizioni che determinano la spettanza del credito.
Impatti della Riforma sulle Sanzioni
Per quanto riguarda i crediti non spettanti questi vengono distinti dal legislatore in tre categorie e la sanzione è stata ridotta al 25% del credito contestato.
Rispetto alle categorie di cui al n. 1 e 3 si può affermare che queste non generino particolari criticità.
Rilevanti criticità emergono invece dalla tipologia di credito non spettante di cui al n 2 dell’elenco: crediti che pur in presenza di requisiti oggettivi e soggettivi specificatamente individuati nella normativa di riferimento (il che dovrebbe escluderne l’inesistenza), risultino fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito. Cosa si intenda per “ulteriori elementi” o “particolari qualità” è tutt’altro che agevole da comprendere.
Causa di Non Punibilità e Applicazione Retroattiva
Nemmeno si comprende cosa differenzi l’assenza del presupposto costitutivo (“credito inesistente”) rispetto alla mancanza di specifici elementi o qualità che invece derubricherebbe la violazione a non spettante.
Sarebbe stato auspicabile che fosse semplificato il tutto ancorando l’inesistenza alle sole condotte simulate, cioè mai poste in essere ed alle vicende supportate da documentazione in tutto o in parte falsa.
Valutazione complessiva della Riforma
Nella valutazione tra i pro e i contro della riforma, tra gli aspetti positivi in essa rinvenibili, vi è innanzitutto l’apprezzabile impegno del legislatore di aver riconosciuto una dignità alle due categorie di credito. Circostanza questa che ha conseguenze anche sul profilo accertativo; la corretta distinzione tra le due fattispecie, infatti, ristabilisce anche le regole dei termini di accertamento, che sono quelli ordinari (cinque anni) dal momento della fruizione per i crediti non spettanti e otto per quelli inesistenti.
Purtroppo, però l’intervento normativo ha generato e genererà notevoli criticità.
Tali criticità sono dovute in primis alla circostanza che il decreto è entrato in vigore con alcune previsioni ad efficacia differita: le nuove definizioni di credito di imposta non spettante e inesistente rilevanti ai fini penali entrano subito in vigore e se più favorevoli rispetto a quelle passate si applicheranno anche retroattivamente, in virtù del principio del favor rei; mentre ai fini tributari, le stesse definizioni, troveranno applicazione solo per le violazioni future, ossia solo per quelle violazioni commesse dopo il 1° settembre 2024, con la conseguenza che per le violazioni commesse in precedenza il riferimento è l’attuale definizione contenuta nell’art 13 del Dlgs 471/97. Dovranno quindi passare anni prima che in concreto vengano irrogate dagli uffici.
Inoltre, si dubita che le nuove definizioni possano risolvere efficacemente il nodo interpretativo che ha da sempre angustiato dottrina e giurisprudenza: di fatto non si può rinvenire una chiara distinzione concettuale tra le due categorie. In particolare, risulta difficile individuare una differenza tra le ipotesi di crediti non spettanti perché “fondati su fatti reali, non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità” e i crediti inesistenti “per mancanza dei presupposti costitutivi previsti dalla normativa”. Il timore è che si assista ad una riproposizione delle precedenti questioni interpretative. Ad esempio, in materia di credito d’imposta R&S non si comprende la qualificazione in ipotesi di assenza del requisito della novità.
Stante la nuova definizione, il credito che manchi di tale requisito potrebbe essere sia non spettante per mancanza degli elementi specifici o particolari qualità, sia inesistente per l’assenza del presupposto costitutivo.
Il legislatore delegato in definitiva non pare che sia riuscito ad individuare soluzioni del tutto soddisfacenti.
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