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Niente Credito d’imposta R&S, Innovazione e Design per attività commissionate dall’estero ad un’impresa italiana
A fronte di attività commissionate, il commissionario italiano che riaddebita al committente i costi sostenuti, dal 2020 (rectius dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2019), non può in alcun caso accedere al Credito d’imposta R&S Innovazione e Design ex art.1, commi 198 ss. Legge 160/2019 (Legge di Bilancio 2020). La conferma è giunta con la Risposta 187 di Agenzia delle Entrate del 17 marzo.
La nuova disciplina del Credito d’imposta R&S Innovazione e Design, introdotta dalla Legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 198 ss. L. 160/2019), applicabile agli investimenti realizzati a partire dal 1° gennaio 2020, ha sostituito la precedente agevolazione del Credito d’imposta R&S 2015-2019. In virtù della proroga prevista dalla Legge di Bilancio 2021 (art. 1 comma 1064 L. 178/2020), il Credito d’imposta R&S Innovazione e Design agevola gli investimenti 2020-2022.
Nel corpo dell’attuale disciplina, per volontà del legislatore, non è stata prevista alcuna disposizione che regoli, ai fini del credito di imposta, le attività svolte dal commissionario residente in Italia per conto di committenti esteri. In tal senso, la relazione tecnica alla Legge di Bilancio 2020 riconosce che il credito d'imposta R&S 2015-2019 assicura ai contribuenti la possibilità di fruire dell'agevolazione per le spese in R&S commissionate dall'estero e che “La nuova formulazione del credito di imposta esclude invece tali spese”.
Si ricorda che, invece, la Legge di Bilancio 2017 (art. 1, comma 15 della L. 232/2016), per il previgente Credito d’imposta R&S 2017-2019 aveva previsto che, a decorrere dal periodo di imposta 2017 (successivo a quello in corso al 31/12/2016), l’agevolazione spettasse anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese estere residenti o localizzate in paesi in White List (in Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell'elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996). Come indicato poi, in via interpretativa, dalla Legge di Bilancio 2019 (articolo 1, comma 72 L. 145/2018), “ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato italiano”.
La scelta politica effettuata per l’incentivo 2020-2022, esplicitata dalla Risposta 187 di Agenzia delle Entrate, deriva verosimilmente dall’esigenza di assicurare che i benefici dei risultati delle attività innovative restino effettivamente in Italia.
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Si tratta di argomentazioni che sollevano forti perplessità, perché dal 2020 gli investimenti in R&S commissionati dall’estero rischiano di essere fortemente disincentivati. Secondo Airi, in assenza di un intervento, si metterebbe in pericolo l'attività di tanti centri di ricerca in Italia che occupano circa 50.000 addetti (Il Sole 24 Ore, 1 dicembre 2020), in quanto potrebbe diventare più economico spostare le attività di R&S in paesi come Francia, Spagna, Belgio, Germania, oltre a Regno Unito e Stati Uniti che hanno norme che agevolano stabilmente la R&S per tutti.
Allo stato attuale, se un imprenditore estero sceglie l’Italia, anche per la professionalità e competenze dei suoi ricercatori, fa progetti e pianifica investimenti di lunga durata in Italia per la realizzazione dei quali crea in Italia una società, non può fruire del beneficio se riaddebita i relativi costi alla casa madre. L’agevolazione è preclusa anche se i risultati della ricerca rimangono anche alla società italiana, come nel caso dell’interpello di cui alla risposta 187. In particolare, la fattispecie rappresentata ad Agenzia delle Entrate è la seguente: l’italiana “BETA S.r.l. ha strutturato la propria divisione di R&S che opera come primo riferimento per l'intero gruppo internazionale nelle attività di ideazione e sviluppo delle nuove soluzioni. In tal senso è la creatività del team italiano ad aver progressivamente permesso al gruppo di dotarsi di impianti sia di gamma che pensati per soddisfare le singole richieste di importanti clienti, ... […] BETA S.r.I., dal punto di vista economico, riaddebita i costi della propria R&S alla casa madre (francese) che ne diventa una comproprietaria in termini di proprietà intellettuale secondo accordi di gruppo”.
Sotto tale profilo, la disciplina agevolativa torna indietro di un lustro, riproponendo le condizioni applicate 5 anni fa, esplicitate dalla circolare 5/E del 2016 di Agenzia delle Entrate: l’agevolazione spetta “ai soggetti che svolgono attività di ricerca eleggibile sostenendo i relativi costi e che si avvalgono degli eventuali relativi risultati, assumendosi il rischio per l’attività svolta. Di conseguenza, è da escludere che il credito spetti alle imprese che svolgono attività di ricerca su commissione di terzi, atteso che in tal caso l’impresa commissionaria in realtà non sostiene i relativi costi, in quanto li riaddebita, in base ai corrispettivi contrattualmente previsti, al committente che ne sostiene l’onere”.
Auspichiamo vivamente che possano essere introdotte aperture. Una prima occasione potrebbe essere il Decreto-legge di aprile che, dovrebbe contemplare correttivi al Piano Transizione 4.0. In quella sede potrebbe essere rivalutata la disciplina del Credito d’imposta R&S Innovazione e Design per ammettere le spese sostenute per attività di ricerca svolte da commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti con soggetti esteri.