Incentivi alle imprese: cosa ci aspetta nel 2026?

7 Ottobre 2025

Introduzione

Il 2026 si preannuncia come un anno di svolta per la politica degli incentivi alle imprese in Italia. In un contesto europeo caratterizzato da una crescita troppo lenta e da un persistente gap di produttività rispetto a Stati Uniti e Cina, il sostegno agli investimenti innovativi e alle filiere strategiche diventa la leva principale per rilanciare la competitività del nostro sistema produttivo. Sebbene i dettagli della prossima Manovra di Bilancio non siano ancora noti, alcune anticipazioni e le linee guida della riforma degli incentivi prevista dal PNRR delineano già uno scenario in rapida evoluzione, in cui la semplificazione, il controllo e la valutazione dell’impatto delle misure saranno elementi chiave.


Le principali misure in discussione

  • Nuova Transizione 4.0 + 5.0: il MIMIT sta lavorando a una nuova misura che integri le esperienze di Transizione 4.0 e 5.0, con una dotazione che potrebbe raggiungere i 4 miliardi di euro per il 2026. L’idea è quella di finanziare il nuovo incentivo con risorse nazionali, per superare i vincoli europei (DNSH) e concentrare le risorse su investimenti in macchinari avanzati (Allegato A), software e piattaforme digitali (Allegato B, con attenzione particolare ad AI, ERP, ecc.) e fonti energetiche rinnovabili (Allegato C). L’aliquota base potrebbe attestarsi intorno al 20%, con la possibilità di includere tra le spese ammissibili i costi del personale per innovazione di processo e premialità aggiuntive per risparmio energetico, macchinari Made in EU, incrementi occupazionali e certificazioni;
  • Contratti di Sviluppo e Accordi di Innovazione: questi strumenti, già centrali per la politica industriale nazionale, sono oggetto di una revisione volta a semplificare l’iter istruttorio e la rendicontazione, per ridurre drasticamente i tempi di attesa (oggi talvolta superiori ai 12 mesi);
  • Credito d’imposta Ricerca & Sviluppo: nonostante i problemi emersi nell’applicazione della previgente disciplina, il credito R&S resta uno strumento essenziale per le imprese, ma necessita di un sistema di controllo affidabile e di un rafforzamento dell’intensità di aiuto. Le attività di innovazione e design non saranno probabilmente confermate a partire dal 2026;
  • Ires premiale: probabile stabilizzazione della misura e introduzione di alcune semplificazioni;
  • Fondo di Garanzia: rifinanziamento certo, ma si discute sull’introduzione di alcune modifiche all’attuale disciplina;
  • Patent Box: confermato, al momento non si prevedono modifiche all’attuale regime;
  • Simest: si prevede un rafforzamento delle linee per la transizione digitale ed ecologica;
  • Credito d’imposta ZES: si valuta la possibilità di una proroga pluriennale e di un incremento della dotazione finanziaria rispetto ai 2,2 miliardi del 2025;
  • Incentivi per la filiera Moda: ancora incerti, ma con una possibile dotazione di 250 milioni di euro.


Alcune proposte di miglioramento

  • Nuova Transizione 4.0 + 5.0: dopo un decennio riteniamo essenziale l’aggiornamento degli allegati A e B, in particolare, sarebbe opportuno dare enfasi all’allegato B per sostenere gli investimenti in tecnologie digitali avanzate (AI verticali, blockchain, MES, SCADA, PLM, CMMS, EMS, ERP, ecc.), in quanto numerosi studi indicano proprio per tali tecnologie un significativo gap dell’Italia rispetto alla UE e della UE rispetto a USA e Cina. Nella medesima prospettiva, considerando anche le rilevanti carenze di competenze digitali delle imprese italiane, sarebbe auspicabile poter includere nelle spese di innovazione agevolabili i costi per la formazione del personale direttamente correlati all’utilizzo di tecnologie digitali avanzate (beni di cui all’Allegato B). In linea generale, l’idea di integrare la Transizione 4.0 con la 5.0 appare idonea a supportare le imprese nella duplice transizione digitale ed ecologica, purché il nuovo strumento resti di semplice applicazione. Il segreto del successo del Piano Transizione 4.0 risiede soprattutto nella sua relativa facilità applicativa, pertanto, l’introduzione di eventuali premialità dovrebbe essere verificabile immediatamente, non al termine del periodo di osservazione.


  • Contratti di Sviluppo: in linea generale, diversi progetti potenzialmente capaci di generare un impatto significativo sul tessuto economico a livello nazionale in termini di rafforzamento competitivo faticano a raggiungere la soglia minima dei 20 milioni di investimento. Tale soglia, se applicata rigidamente, piuttosto che servire a concentrare le risorse sui progetti strategici di maggior impatto, rischia talvolta di trasformarsi in un inutile elemento di rigidità. Sarebbe pertanto auspicabile ridurre le soglie minime di investimento, anche al fine di coinvolgere un maggior numero di PMI nell’ambito di progetti strategici. Le priorità strategiche dovrebbero concentrarsi sui progetti di filiera, sui progetti capaci di coniugare le due transizioni gemelle (digitale ed ecologica) e sui progetti Net Zero, estesi anche a nuove finalità, quali:
    • produzione di sistemi per il recupero di minerali e materiali strategici dai rifiuti industriali e tecnologici, riducendo la dipendenza dalle importazioni e favorendo l’economia circolare;
    • produzioni di sistemi per il recupero di calore nei processi industriali;
    • soluzioni per ridurre i consumi energetici negli edifici e nei trasporti; ecc.


  • Credito d’imposta R&S: l’obiettivo dovrebbe essere quello di avere uno strumento sicuro, controllato, capace di premiare in modo agile progetti di R&S di qualità, ma di taglia minore rispetto a quelli agevolati con i Contratti di Sviluppo. Questa logica è adottata in diversi altri paesi UE e funziona bene, tuttavia, serve un’intensità di aiuto almeno del 20% per ridurre la distanza rispetto agli incentivi fiscali esistenti nei Paesi europei nostri competitor. Analizzando i dati ISTAT del 2023 sulla R&S italiana, appare evidente che sarebbe opportuno reintrodurre la possibilità di agevolare la R&S commissionata dall’estero svolta in Italia, in quanto, attrarre più investimenti in R&S dall’estero porterebbe indubbi benefici al sistema produttivo nazionale, in particolare: incremento della produttività e del valore aggiunto, creazione di occupazione qualificata, diffusione di conoscenze e tecnologie verso le imprese locali, maggiore integrazione nelle catene globali del valore, posizionamento strategico nei settori tecnologici chiave. 


Conclusioni

Dalla nostra esperienza “sul campo” emerge con forza la necessità di dotare il sistema produttivo italiano di un set di incentivi moderni, semplici e strutturali, con una visione di medio termine che garantisca stabilità e continuità per almeno 3-5 anni. Solo così sarà possibile offrire alle imprese la prevedibilità necessaria per pianificare investimenti strategici e affrontare con successo la duplice sfida della transizione digitale ed ecologica, che sarà decisiva per restare competitivi a livello globale.

In definitiva, occorre uno sforzo corale per snellire e razionalizzare il sistema degli incentivi italiano, in conformità con quanto previsto dal nuovo Codice degli incentivi alle imprese di prossima emanazione, al fine di costruire un ambiente favorevole all’innovazione, alla formazione delle competenze digitali e all’attrazione di investimenti.

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