Il Rating: tanti modelli, un comune denominatore…

1 Giugno 2021

Negli ultimi anni, il tema del rating ha assunto un ruolo centrale nel sistema economico, incidendo in maniera significativa non solo sul rapporto banca-impresa, ma anche su quello tra l’impresa e i suoi clienti. Sono sempre più frequenti, infatti, i casi in cui soprattutto le imprese di dimensioni medio-grandi pretendono dai fornitori di conoscere il loro rating.
Il rating può essere definito, per semplicità, un giudizio sintetico di affidabilità dal punto di vista del merito creditizio, ed esprime una valutazione circa la capacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni in un determinato orizzonte temporale.
Prima ancora degli istituti di credito (e oggi anche delle cosiddette FinTech), erano le agenzie di rating a ricorrere a modelli basati sul rating.


I modelli di rating non sono univoci: il più conosciuto è lo Z-SCORE del Prof. Altman, tuttavia, ogni agenzia di rating e ogni banca utilizza il proprio.

Possiamo affermare, comunque, che tutti questi modelli hanno come denominatore comune quello di basare le proprie valutazioni in buona parte su indicatori di bilancio, al fine di valutare i tradizionali equilibri dell’impresa (economico, patrimoniale e finanziario), e il loro trend di sviluppo nel tempo.
Ad ogni indicatore viene attribuito uno score numerico entro una scala di valori (ad es. 1-5); il rating è poi la sintesi dei vari score numerici, ponderati per il peso assegnato all’indicatore, ed è espresso in scala numerica (ad es. 1-15) e/o letterale (ad es. A-D).

Vediamo, a titolo esemplificativo, alcuni di questi indicatori:
-    Equilibrio economico
Può essere determinato, ad es., dal raffronto tra il ROI (inteso come rapporto tra EBIT e CAPITALE INVESTITO) e costo medio dei debiti finanziari (inteso come rapporto tra Oneri Finanziari e il totale capitale di terzi)

-    Equilibrio Patrimoniale
Uno degli indicatori spesso utilizzati è il Coefficiente di Copertura delle Immobilizzazioni, sia nella sua versione “restrittiva” (Mezzi Propri/Immobilizzazioni), che in quella più “allargata” (Mezzi propri + Mezzi di terzi a Medio-Lungo Termine/Immobilizzazioni)

-    Equilibrio Finanziario
Tra gli indicatori utilizzati, citiamo a titolo di esempio, il Coefficiente di Indebitamento (inteso come rapporto Mezzi di terzi/Mezzi Propri)

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L’analisi del rating, però, rischia di essere riduttiva se non viene inquadrata in un’analisi più ampia delle strategie aziendali e della dinamica economico-finanziaria dell’impresa, che tenga conto anche di altri elementi storici e prospettici, quali, ad es., la pfn e la sua correlazione con ebitda e patrimonio netto, il ros, la dinamica del circolante, i flussi di cassa a sostegno del debito, ecc.

Tuttavia, è essenziale che l’impresa sia consapevole che ogni sua decisione interna ha un impatto sul valore di questi indicatori e, di conseguenza, sulla sua affidabilità agli occhi del sistema. Ciò è tanto più vero in un contesto economico come quello attuale, nel quale, a causa della pandemia, sono state consentite manovre eccezionali che, se poste in essere, avranno come effetto:

-    una rappresentazione del bilancio 2020 “unica” nella storia (ad es. rivalutazione beni d’impresa e rimodulazione ammortamenti)
-    una ripercussione sui bilanci dei prossimi anni, in termini soprattutto di flussi di cassa in uscita (ad es., si pensi alle imposte differite conseguenti al disallineamento civilistico e fiscale dovuto alla rimodulazione degli ammortamenti)

In definitiva, il calcolo del rating, è utile:
-    per assumere consapevolezza circa il proprio “stato di salute” nei confronti del sistema finanziario e dei propri stakeholder
-    se unito ad una attenta pianificazione finanziaria, per tracciare la rotta dei prossimi anni, riducendo il rischio di “andare a sbattere” su qualche scoglio imprevisto…

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