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Confronto tra gli incentivi fiscali alle imprese nella UE: vediamo chi vince
Secondo alcuni opinionisti, la semplificazione procedurale degli strumenti di politica industriale intervenuta a livello nazionale, soprattutto nell’ultimo ventennio, ha condotto, da un lato, al progressivo aumento dei servizi commerciali, concentrati nelle mani di poche grandi società, a discapito dei servizi professionali offerti da strutture più piccole; dall’altro, alla proliferazione di irregolarità ed abusi nell’utilizzo degli strumenti di incentivazione alle imprese. Secondo questa tesi, la corretta applicazione degli incentivi sarebbe addirittura condizionata dalle grandi società di consulenza, pertanto sarebbe auspicabile tornare a sistemi agevolativi gestiti mediante procedure valutative più rigorose, possibilmente intermediate da professionisti dotati di competenze altamente qualificate.
Il quadro degli incentivi alle imprese nei paesi OCSE
Nei paesi OCSE i sistemi di incentivazione alle imprese adottano forme di aiuto differenti, ad esempio, trasferimenti diretti di denaro, rinuncia alle entrate fiscali o trasferimento del rischio finanziario dal settore privato a quello pubblico mediante garanzie statali. Il valore degli incentivi fiscali alle imprese concessi dai governi dei paesi OCSE è maggiore rispetto a quello degli incentivi erogati sotto forma di aiuti diretti e le agevolazioni fiscali sono relativamente più grandi nei settori orientati alla tecnologia [Cfr. “GOVERNMENT SUPPORT IN INDUSTRIAL SECTORS” - OECD TRADE POLICY PAPER April 2023 n°270]. Negli ultimi 20 anni, nei paesi OCSE si è registrata una crescente preferenza per gli incentivi fiscali rispetto agli aiuti diretti alle imprese e il numero di paesi che offrono agevolazioni fiscali per la R&S è aumentato significativamente tra il 2000 il 2020 (cfr. ad esempio il caso della Germania). Appare plausibile ipotizzare che le ragioni di tale tendenza siano da ricondurre alla maggiore semplicità amministrativa degli incentivi fiscali, al fatto che questi incentivi sono percepiti come meno distorsivi rispetto alle regole della concorrenza e abbiano funzionato bene in diversi paesi nel promuovere investimenti nell'economia della conoscenza.
Il confronto tra gli incentivi fiscali nella UE
Da un recente studio condotto dal nostro Centro Studi sui programmi di incentivazione fiscale a sostegno della duplice transizione eco-digitale delle imprese, espressa in termini di investimenti in R&S, Digitalizzazione e Sostenibilità, in sette paesi dell’Unione Europea: Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Polonia, Irlanda e Italia, abbiamo potuto valutare chi attualmente è in grado di offrire alle imprese il miglior rapporto tra intensità degli incentivi fiscali disponibili e facilità di accesso a tali agevolazioni. L’indagine mostra come la Polonia sia il Paese con la maggiore capacità di attrazione degli investimenti complessiva nelle tre aree analizzate (R&S, Digitalizzazione e Sostenibilità), dispone infatti di un set di incentivi fiscali completo, di durata prevalentemente strutturale, con una buona intensità di aiuto e procedure di accesso semplificate. Il principale punto di debolezza risiede nella necessità di svolgere le attività di R&S agevolabili esclusivamente all’interno del Paese. Segue distaccata l’Italia, che ha invece un tax credit R&S molto debole e che non ammette la possibilità di agevolare la R&S commissionata dall’estero, ma dispone del migliore incentivo fiscale per la digitalizzazione delle imprese (Transizione 4.0) e di un buon tax credit (almeno sulla carta) per la sostenibilità (Transizione 5.0). Seguono poi appaiati Portogallo, Francia e Irlanda, tuttavia, i tre Paesi hanno caratteristiche differenti tra loro. Sia la Francia che l’Irlanda sono prive di incentivi fiscali per la digitalizzazione delle imprese, ma si differenziano perché la prima ha un tax credit R&S di tipo strutturale molto efficace, mentre quello della seconda è meno attraente, in quanto non consente il cumulo con altri incentivi e non è applicabile retroattivamente. Inoltre, l’incentivo fiscale “green” della Francia è potente, ma di difficile applicazione e di breve durata, mentre quello irlandese concede solo un ammortamento accelerato, ma si fa preferire, seppur di poco, perché semplice e strutturale. Viceversa, il Portogallo dispone di un set completo di incentivi così come Polonia e Italia, tuttavia, pur trattandosi di incentivi fiscali molto potenti (soprattutto con riguardo al tax credit R&S), essi si caratterizzano per una difficoltà applicativa medio-alta che di fatto riduce la loro capacità di attrazione degli investimenti complessiva. A brevissima distanza troviamo la Spagna, che spicca per la presenza di un ottimo tax credit R&S, ma è priva di incentivi fiscali per la digitalizzazione delle imprese e utilizza un incentivo fiscale a favore della sostenibilità molto debole. Fanalino di coda la Germania, che tuttavia ha un validissimo tax credit R&S, ma è priva di incentivi fiscali per digitalizzazione e sostenibilità.
Conclusioni
Ogni paese presenta un mix unico di punti di forza e debolezza in termini di incentivi fiscali per la R&S, la digitalizzazione e la sostenibilità. Le imprese devono valutare attentamente questi aspetti per scegliere il paese che offre le migliori opportunità in base alle loro esigenze specifiche. Occorre anche chiarire che il nostro studio non pretende di esprimere un parere di merito complessivo sul sistema di incentivi alle imprese disponibile nei singoli paesi analizzati, perché non considera altre forme di aiuto (come gli aiuti diretti che, ad esempio, in Germania sono molto importanti sia a livello di governo federale che a livello di singoli Länder) o gli incentivi fiscali localizzati in specifiche regioni (come avviene ad esempio in Spagna), che potrebbero influenzare notevolmente le valutazioni degli investitori. Tuttavia, l’indagine condotta ci permette di comprendere che l’Italia dovrebbe fin da ora guardare oltre il PNRR e probabilmente potrebbe trarre insegnamento da alcune soluzioni adottate da altri partner europei, in particolare dalla Polonia, che anche grazie ad un sistema di incentivi fiscali completo, prevalentemente strutturale, abbastanza potente e facilmente accessibile risulta essere il secondo paese della UE in termini di crescita del PIL negli ultimi venti anni dopo l’Irlanda. Peraltro, ad avviso di chi scrive, in linea generale, un sistema di incentivi alle imprese basato su un mix equilibrato di agevolazioni fiscali ed aiuti diretti, sembra essere la soluzione più appropriata per sostenere il sistema delle attività produttive e la crescita economica, pertanto, nel nostro paese sarebbe auspicabile potenziare il credito R&S, che oggi risulta essere uno dei meno attrattivi tra quelli analizzati, così come sarebbe importante semplificare e prolungare gli incentivi per la Transizione 5.0 oltre il 2025.
In ultimo, l’indagine condotta mostra chiaramente che in Europa esistono diversi paesi (ad esempio, Francia e Spagna) che hanno utilizzano efficacemente i tax credit per sostenere gli investimenti nell’economia della conoscenza, perché hanno adottato prassi chiare e stabili nel tempo, nonché implementato un sistema di controlli sistematici. In sostanza, le problematiche emerse negli anni scorsi con riguardo a strumenti come il credito d’imposta R&S oppure quelle che stanno emergendo più recentemente sul bonus formazione 4.0, appaiono legate principalmente a problemi di progettazione e/o gestione delle misure, piuttosto che a fattori legati all’attività di intermediazione commerciale svolta dalle grandi società di consulenza, in quanto tali società operano anche nei paesi europei in cui i tax credit funzionano bene. Inoltre, l’idea di ritornare ad utilizzare procedure valutative complesse, che richiedono alle imprese di acquisire servizi professionali altamente qualificati per essere gestiti, oltre ad essere già risultata inefficace in passato, specialmente con riguardo agli incentivi al Mezzogiorno o alla R&S, a causa dei tempi lunghissimi delle procedure, appare contraria all’evoluzione in atto in altri paesi OCSE e soprattutto antiquata, in quanto nuovi strumenti e tecnologie possono aiutare le imprese ad abbassare i costi di accesso alle agevolazioni, le società di consulenza a migliorare la qualità dei propri servizi, le amministrazioni preposte a gestire meglio le misure e a vigilare in modo efficacie sull’utilizzo degli incentivi. A tal proposito, al fine di mantenere un efficace sistema di controllo sul credito d’imposta R&S e rilanciare la misura, sarebbe auspicabile rafforzare la vigilanza sui certificatori iscritti all’Albo istituito dall’art.23 del dl 73/2022 al fine di prevenire l’emissione di certificazioni “facili” da parte di taluni soggetti.
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