Credito d’imposta R&S : questioni ancora da risolvere e opportunità
19 Aprile 2021
Le maggiori problematiche del vecchio credito d’imposta R&S
Un rapporto del mese scorso della Corte dei conti ci aiuta a comprendere le principali criticità emerse nell’applicazione del credito d’imposta R&S nell’ambito del previgente contesto normativo (periodi d’imposta 2015-2019).
Tali criticità sono la causa della limitata efficacia della misura registrata finora e forniscono indicazioni utili per migliorare uno strumento che resta importantissimo per la competitività delle nostre imprese e per il rilancio dell’economia italiana, come recentemente ribadito anche da Francesco De Santis, vice presidente di Confindustria, in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore e come dimostra l’esistenza di tax credit efficaci nei principali paesi manifatturieri europei nostri competitor (Francia e Spagna su tutti).
Le maggiori problematiche del vecchio credito d’imposta R&S possono essere riassunte in quattro punti:
- la norma (già molto complessa anche a causa del meccanismo di calcolo incrementale) ha subito reiterate modifiche che, in una prima fase (indicativamente compresa tra gennaio 2015 e dicembre 2017) hanno progressivamente esteso l’ambito soggettivo e oggettivo dell’intervento, viceversa, a partire da inizio 2018, una serie di altri provvedimenti, combinati con interventi di natura interpretativa emanati dal Ministero dello Sviluppo Economico, poi recepiti e avvalorati da Agenzia delle Entrate, hanno teso a restringere l’ambito oggettivo della misura, creando non poche incertezze a livello interpretativo ed applicativo alle imprese;
- la mancanza di idonei strumenti di controllo dell'evoluzione della spesa ha determinato un “tiraggio” derivante dalla fruizione del credito d’imposta molto superiore rispetto agli stanziamenti di copertura finanziaria previsti nel bilancio dello Stato;
- la mancanza di idonei indicatori dell'efficacia della misura ha fatto emergere molto tardivamente un limitato incremento della spesa complessiva in R&S delle imprese rispetto al forte incremento di spesa pubblica registrato per sostenere la misura medesima;
- stante la procedura automatica dell’incentivo, i controlli di Agenzia delle Entrate hanno purtroppo fatto registrare diffuse situazioni di abuso della norma.
L’impostazione del nuovo credito d'imposta
L’impostazione del nuovo credito d'imposta per “investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e altre attività innovative per la competitività delle imprese”, in vigore a partire dal 2020, soprattutto grazie alle preziose indicazioni fornite dal decreto ministeriale 26.05.2020, delinea l’ambito oggettivo della misura in modo senz’altro più preciso rispetto al passato. Si tratta di un buon punto di partenza, specialmente se la nuova disciplina agevolativa sarà sviluppata coerentemente con le previsioni originarie della norma e la prassi ministeriale rimarrà stabile nel tempo.
Restano ancora dei punti da sciogliere
1# criticità: caratterizzare in modo certo le conoscenze nuove per il settore di riferimento in cui opera l’impresa
Sicuramente restano ancora alcuni aspetti da perfezionare, soprattutto con riguardo alla mancanza di elementi oggettivi utili a caratterizzare in modo certo le conoscenze nuove per il settore di riferimento in cui opera l’impresa.
Sul punto sarebbe auspicabile prevedere alcuni semplici indicatori in grado di integrare con ragionevole certezza il requisito della novità, in presenza dei quali le imprese potrebbero fruire dell’aliquota massima prevista dalla norma (ndr: la piattaforma TRIX di Warrant Hub è in grado di individuare il requisito della novità, pur in assenza degli indicatori citati, che si auspica vengano comunque presto individuati dal legislatore).
A proposito di aliquote, un altro nodo da sciogliere subito riguarda l’incertezza sul periodo da cui partono le nuove aliquote introdotte dall’ultima Legge di Bilancio. Secondo Italia Oggi l’Agenzia delle Entrate sarebbe orientata ad applicare retroattivamente anche agli investimenti in attività di ricerca, sviluppo, innovazione e design sostenuti nel 2020.
A prescindere dalle indiscrezioni di stampa, l’incertezza origina dalla poca chiarezza del testo della Legge di Bilancio 2021, nel quale manca il termine di decorrenza per l’applicazione delle nuove aliquote.
Sul punto si segnala la presa di posizione del dott. Marco Calabrò, dirigente del Mi.S.E., il quale, in una recente intervista rilasciata a Fasi.biz, ha ribadito che, a suo parere, le nuove aliquote maggiorate si applicano solo agli investimenti sostenuti a partire dal 2021, perché nella relazione tecnica della Legge di Bilancio mancano le relative coperture finanziarie.
Si auspica che questa incertezza possa essere risolta nel mese corrente con l’arrivo del decreto contenente i correttivi al Piano Transizione 4.0, da tanto tempo attesi, nel frattempo, per le imprese che stanno iniziando a fruire del credito d’imposta sugli investimenti del 2020, per ragioni di prudenza, riteniamo preferibile applicare le precedenti aliquote introdotte dalla Legge di Bilancio 2020.
In ogni caso, per riconquistare la fiducia delle imprese e non rischiare di pregiudicare l’efficacia di una misura così importante nel prossimo futuro, sarebbe opportuno introdurre rapidamente una misura di penalty protection che dovrebbe prevedere la disapplicazione delle sanzioni più gravi previste per i crediti inesistenti qualora, nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o di altra attività istruttoria, l’impresa consegni all'Amministrazione Finanziaria l’apposita documentazione (completa, veritiera e corretta) prevista dalla disciplina agevolativa ai fini dei controlli.
Sempre al fine di perseguire le medesime finalità poc’anzi esposte sarebbe lungimirante, ma anche doveroso nell’ottica di tutelare i diritti del contribuente sanciti dal nostro ordinamento, estendere la suddetta misura di protezione a tutte le imprese che in passato hanno investito e fruito del precedente credito d’imposta R&S facendo affidamento sulle norme e sulla prassi vigente all’epoca della prima fase di applicazione della misura, ma che oggi rischiano di essere trattate allo stesso modo di quei soggetti che hanno deliberatamente adottato comportamenti fraudolenti.
In estrema sintesi, per non ripetere gli errori che hanno fatto emergere la prima criticità che ha caratterizzato la precedente disciplina agevolativa servono tre ingredienti: certezza, velocità e stabilità.
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2# criticità: la mancanza di idonei strumenti di controllo dell'evoluzione della spesa
La seconda criticità, correlata al meccanismo operativo del credito d'imposta, fondato sulla compensazione in dichiarazione dei redditi, comporta che i controlli siano naturalmente successivi alla fruizione del credito, senza che si possano utilizzare strumenti di protezione ex ante delle finanze pubbliche.
Tale problematica potrebbe essere affrontata mediante alcuni accorgimenti, alcuni dei quali già opportunamente previsti nell’ambito della normativa più recente:
- mantenimento dei limiti di fruizione previsti dalla norma in funzione della tipologia di attività ammissibile;
- introduzione di apposita comunicazione al Mi.S.E. finalizzata all’acquisizione delle informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia della misura agevolativa;
- rafforzamento degli oneri documentali e contrasto serrato agli abusi della norma.
3# criticità: la mancanza di idonei indicatori dell'efficacia della misura
La terza criticità potrebbe essere fronteggiata introducendo un set di parametri di verifica dell'efficacia dell’incentivo fiscale, essenziali per poter aumentare il rapporto tra spesa complessiva in R&S delle imprese e costo della misura nonché per migliorare la i risultati derivanti dagli investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione e design.
Alcuni parametri potrebbero ad esempio essere legati a: brevetti depositati, misurazione del miglioramento delle performance ambientali, misurazione dell’intensità di digitalizzazione dei processi aziendali mediante tecnologie 4.0, disegni e modelli depositati, ecc.
Infine, per migliorare il contrasto agli abusi dell’agevolazione, sarebbe opportuno distinguere nettamente tra incertezze o errori nell’applicazione dell’incentivo e comportamenti fraudolenti.
La prima categoria di abusi potrebbe essere efficacemente limitata grazie ad una disciplina stabile nel tempo, all’introduzione di elementi oggettivi utili a caratterizzare in modo certo le nuove conoscenze per il settore di riferimento in cui opera l’impresa ed all’espletamento dei controlli sulla base di apposita documentazione, precisamente definita dalla norma che dovrebbe essere puntualmente e sistematicamente compilata dall’impresa.
In buona sostanza, si tratta di ridurre al minimo la complessità ed i margini di errore nell’applicazione dell’incentivo e ridurre, contestualmente, gli spazi di discrezionalità dei verificatori in fase di controllo che, allo stato attuale, possono basarsi su proprie autonome valutazioni tecniche, pur non avendo le competenze necessarie.
Tale approccio consentirebbe senza dubbio di risparmiare tempo, consentendo agli organi di controllo di concentrare i propri sforzi sul contrasto dei comportamenti fraudolenti con conseguente vantaggio per tutto il sistema.
In conclusione
In conclusione, tra le questioni non risolte, si segnala anche quella delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo svolte dai commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti di commessa con soggetti esteri.
In realtà, la risposta a interpello n. 187 del 17 marzo 2021, ha risolto in senso negativo la vicenda, chiarendo che tali attività non possono usufruire del nuovo credito d’imposta.
Si tratta indubbiamente di una presa di posizione che suscita fortissime perplessità, perché invece di attrarre investimenti esteri in R&S nel nostro Paese li disincentiviamo. I numeri in tal senso sono piuttosto chiari, i centri di ricerca italiani, che occupano circa 50.000 addetti (Il Sole 24 Ore, 1° dicembre 2020), rischiano di venire seriamente penalizzati, in quanto, per le grandi aziende estere potrebbe diventare più conveniente commissionare le attività di R&S in paesi come Francia, Spagna, Belgio, Germania, oltre a Regno Unito e Stati Uniti che hanno intelligentemente introdotto norme che agevolano stabilmente la R&S per tutti.
Oltre ai danni diretti per i centri di ricerca nostrani andrebbero anche considerati i danni collaterali per l’indotto e la perdita di know-how, competenze e opportunità per i nostri ricercatori, proprio in un momento in cui è cruciale attrarre nel Paese le migliori risorse umane per competere a livello internazionale nelle sfide tecnologiche di domani.
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