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Il quadro degli incentivi a sostegno della transizione energetica delle imprese
L’analisi dei dati disponibili (cfr., ad esempio, il “Report sul cambiamento climatico e le strategie delle imprese”, indagine promossa da Assolombarda, Banca d’Italia e Confindustria Lombardia) conferma il forte coinvolgimento delle imprese nel processo di transizione ecologica e, in particolare, nell’ambito della transizione energetica. In effetti i rincari dei prezzi energetici registrati negli ultimi mesi sembrano aver impresso una forte accelerazione sul fronte dell’efficientamento energetico e dell’installazione di impianti per l'autoproduzione di energia rinnovabile.
Queste due tipologie di investimento sembrano oggi quelle più funzionali ad imprimere una significativa accelerazione al processo di transizione energetica delle imprese nel più ampio contesto di transizione ecologica che coinvolge il nostro sistema produttivo, tuttavia, siamo ancora molto lontani dall’avere un mix energetico a basse emissioni di carbonio, basato sulle fonti rinnovabili. Ad esempio, dal recente “Report sul cambiamento climatico e le strategie delle imprese” poc’anzi menzionato, soltanto il 12% delle imprese lombarde riesce ad autoprodurre da fonti rinnovabili oltre il 10% del proprio fabbisogno energetico, pertanto, gli investimenti in efficienza energetica e fonti energetiche rinnovabili dovrebbero essere sostenuti intensamente e in modo stabile per accelerare la transizione energetica delle attività produttive nazionali nel medio termine.
Ad oggi, nel contesto della riforma degli incentivi in atto nel nostro paese, la definizione di una politica di incentivazione in grado di accelerare la transizione energetica delle imprese italiane non può prescindere dal rispetto di alcuni principi di carattere generale:
- durata pluriennale e certezza dell’orizzonte temporale dell’incentivazione;
- misurabilità dell’impatto dell’incentivo;
- programmazione dell’intervento incentivante;
- coordinamento al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni con altre misure esistenti;
- agevole accesso all’incentivo da parte dei beneficiari;
- digitalizzazione e semplicità delle procedure di concessione ed erogazione dell’incentivo;
- rispetto della coesione sociale, economica e territoriale a livello nazionale, con particolare riferimento alla base produttiva del Mezzogiorno.
Dalla ricognizione che abbiamo condotto il mese scorso con riguardo alle principali misure di agevolazione disponibili nell’ambito del sostegno ai progetti di transizione ecologica abbiamo potuto censire ben 33 misure a livello nazionale e regionale, tuttavia, il quadro degli incentivi si presenta molto frammentato, inoltre, a livello nazionale, manca una misura strutturale di riferimento in grado di trainare gli investimenti funzionali alla transizione energetica delle imprese. In linea generale, le misure a procedura valutativa previste dai fondi di sviluppo regionale e coesione e dal PNRR appaiono inadeguate a realizzare, da sole, una significativa accelerazione nella transizione energetica del nostro sistema produttivo.
Tale inadeguatezza dipende essenzialmente dalla difficoltà di accesso agli incentivi da parte delle imprese causata principalmente dai seguenti fattori:
- scarsa conoscibilità delle diverse misure fruibili a livello locale da parte degli imprenditori;
- difficoltà di coordinare i tempi di realizzazione degli investimenti con i periodi di apertura dei bandi di assegnazione dei finanziamenti (periodi di apertura bandi troppo brevi e/o non coincidenti con le tempistiche aziendali);
- esiguità delle dotazioni finanziarie assegnate a livello locale a talune misure;
- presenza di requisiti soggettivi che limitano l’accesso agli incentivi anche ad imprese con validi progetti di efficientamento energetico o di produzione di energia rinnovabile (ad esempio, incentivi dedicati alle sole PMI o non accessibili per determinate categorie merceologiche).
Per colmare la carenza sopra evidenziata e dotarci di uno strumento in grado di trainare gli investimenti più funzionali alla transizione energetica, sarebbe auspicabile ricorrere ad un incentivo fiscale di tipo strutturale, principalmente per due ragioni:
- maggiore facilità di accesso alla misura grazie ad una procedura d’accesso automatica (ancorché sicura e ben monitorata);
- possibilità di massimizzare l’effetto incentivante per i beneficiari grazie alla possibilità di cumulare l’incentivo fiscale, nei limiti previsti, con i fondi di sviluppo regionale e coesione, con i fondi messi a disposizione del PNRR o con i finanziamenti della nuova Sabatini “Green”.
Al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni con altre misure esistenti si potrebbe ipotizzare di adattare un incentivo fiscale già esistente, ad esempio, una delle possibilità potrebbe essere quella di intervenire sul c.d. “Ecobonus”, che già concede detrazioni fiscali per l’efficienza energetica degli edifici, attualmente prorogate al 31 dicembre 2024 dalla Legge di Bilancio 2022 per il triennio 2022-2024.
Ad oggi gli incentivi previsti dall’“Ecobonus”, fruibili anche dai titolari di reddito d’impresa solo con riferimento ai fabbricati strumentali che utilizzano nell’esercizio della loro attività imprenditoriale, possono essere schematicamente rappresentati come indicato nella tabella qui sotto:
Estendendo gli interventi di efficientamento energetico ammissibili, innalzando i relativi massimali di beneficio ed introducendo tra gli interventi ammissibili anche gli investimenti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nell’ambito delle strutture produttive si potrebbe congegnare uno strumento in grado di accelerare la transizione energetica delle nostre imprese.
Una soluzione alternativa potrebbe essere quella di estendere il credito d’imposta per l’efficienza energetica nelle regioni del Sud di cui all’articolo 14 del decreto-legge 1° marzo 2022, n.17 (di prossima emanazione), a tutto il territorio nazionale. In questo modo, mediante un unico incentivo fiscale, si potrebbe anche applicare in modo migliore il principio di coesione sociale, economica e territoriale a livello nazionale, concedendo un’agevolazione fiscale maggiorata nelle regioni del Mezzogiorno sotto forma di aiuto di Stato, ricalcando di fatto quello che già avviene con le aliquote maggiorate per il credito d’imposta R&S nel Sud Italia.
Entrambe le soluzioni, essendo basate su incentivi fiscali che non attribuiscono un vantaggio economico selettivo, quindi non configurabili come aiuti di Stato, potrebbero combinarsi molto bene in particolare con la nuova Sabatini “Green”, attraverso la quale le PMI possono finanziare programmi di investimento in attivi materiali e/o immateriali finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e dei processi produttivi riconducibili a una delle tipologie previste nei regolamenti comunitari applicabili per settore.
A tal proposito, è opportuno segnalare che, nell’ambito di tali programmi di investimento, la nuova Sabatini “Green” agevola anche gli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili per la loro componente impiantistica non corrispondente a impianti infissi al suolo (componente immobiliare).
In questo caso, laddove l'impresa non sia in possesso alla data di presentazione della richiesta di erogazione di un'idonea certificazione ambientale di processo, tutti i beni rientranti fra gli «Investimenti green», ivi compresi gli impianti di produzione energetica, dovranno essere corredati delle idonee certificazioni ambientali di prodotto/autodichiarazioni ambientali, tra quelle indicate dalla Circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823 - Nuova Sabatini.
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