Possibile utilizzo dei fondi UE per tutti gli investimenti

L’Italia continua ad essere cronicamente in ritardo nella spesa delle risorse europee, soprattutto al sud, anche se non tutte le regioni meridionali sono nella stessa situazione, infatti vi sono regioni, come ad esempio la Puglia, che hanno avviato un percorso virtuoso nella gestione dei fondi strutturali, mentre altre regioni, come Sicilia e Molise, sono molto indietro.
A fine 2018 interverrà la cosiddetta “regola N+3” che impone il raggiungimento di determinati obiettivi di spesa certificata.
I programmi che non riusciranno a raggiungere questi obiettivi dovranno rinunciare alla quota di fondi europei non spesi che saranno destinati ad altre voci del bilancio comunitario.

In questo contesto, il Dipartimento Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio, a metà del mese scorso, ha chiesto alla Commissione l’autorizzazione ridurre il cofinanziamento nazionale dei Programmi 2014-2020, dirottando le risorse nel Poc (Programma operativo complementare), che sarebbe sganciato dalle regole comunitarie.

Le domande dei programmi nazionali e regionali interessati dovranno essere presentate entro il 15 Ottobre, per consentire le modifiche necessarie per ridurre le spese da rendicontare entro fine 2018, aumentare l’assorbimento della quota europea e ridurre il rischio che la mancata spesa si traduca in una perdita di fondi UE.

Per ora solo la Sicilia e il Molise, le regioni che hanno accumulato il maggiore ritardo, hanno già fatto sapere che aderiranno alla rimodulazione.

Campania, Puglia e Calabria non hanno ancora deciso, ma è elevata la probabilità che non aderiscano alla proposta, infatti siamo ormai a pochi giorni dalla scadenza del 15 ottobre concordata dalla ministra per il Sud Barbara Lezzi con la commissaria Ue alle Politiche regionali, Corina Cretu, e non risulta essere ancora stata attivata la necessaria procedura formale per presentare la richiesta a Bruxelles.

La situazione è comunque ancora in evoluzione e non si hanno informazioni complete su tutte le regioni interessate e sui Pon dei ministeri e dell’Agenzia per la Coesione.

L’accordo raggiunto con la commissione UE prevede la copertura del credito d’imposta SUD con i fondi europei delle regioni del Centro-Sud.
Le regioni interessate sono le cinque del Sud che rientrano nella categoria «me no sviluppate» (Sicilia, Basilicata, Campania, Puglia e Calabria) e le tre «in transizione» (Sardegna, Molise a Abruzzo).
Il credito d’imposta per il Sud è previsto dalla legge di Stabilità 2016 e per il quadriennio 2016-2019 prevede un credito d’imposta del 20% per le piccole imprese, del 15% per le medie e del 10% per le grandi imprese, con soglie massime per ciascun investimento.
Il valore delle risorse europee delle regioni interessate, per i quattro anni compresi tra il 2016 e il 2019, è pari a circa un miliardo di euro.
Il governo dovrebbe comunque prevedere una premialità per gli investimenti dei settori che ciascuna regione ha inserito nella S3, ma non c’è un obbligo esplicito.

Per completare il quadro dello stato d’avanzamento della spesa delle risorse comunitarie nel nostro paese, si segnala che, anche sul versante dei Programmi di sviluppo rurale (PSR), le regioni hanno accumulato gravi ritardi. A quattro anni di distanza dal loro stanziamento, per i PSR sono stati spesi soltanto 3,8 miliardi di euro, a fronte di una dotazione finanziaria complessiva per il periodo 2014-2020 di 20,9 miliardi.
Anche qui grava il rischio della “regola N+3”, che prevede il disimpegno automatico degli stanziamenti 2015 che non saranno spesi antro il 31 Dicembre 2018 (2015+3).

Anche qui le situazioni sono diversificate, ci sono regioni come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Lombardia o la Toscana che hanno già raggiunto il loro obiettivo di spesa, mentre altre - come la Liguria o l’Abruzzo - rischiano di veder svanire parte dei fondi entro la fine dell’anno.



Newsletter inviata il giorno 24/09/2018


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