Credito d’imposta R&S 2015 - 2020: gli ultimi chiarimenti di Agenzia delle Entrate

Dal 2015, a disposizione di tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, è operativo un credito di imposta commisurato, per ciascuno dei periodi agevolati (dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020), all'eccedenza degli investimenti rispetto alla media degli investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Nel corso degli anni, la disciplina è stata oggetto sia di modifiche normative (segnatamente nell’ambito della legge di Bilancio 2017, del Decreto dignità e della Legge di Bilancio 2019) sia di evoluzioni interpretative. Nel mese di marzo, Agenzia delle Entrate è ripetutamente intervenuta per fornire indicazioni di carattere esegetico, in quanto tali retroattive, applicabili pertanto anche ai crediti di imposta già fruiti.

Alla luce della pluralità di interventi del legislatore, di Agenzia delle Entrate e del Ministero dello Sviluppo Economico che vanno affastellandosi su un’agevolazione vigente da ormai quattro anni, è auspicabile la pubblicazione da parte delle autorità competenti di un documento sistematico a raccolta e puntualizzazione della portata agevolativa dell’incentivo, anche in vista di una possibile proroga dello stesso, al fine di porre le imprese in condizione di non essere suscettibili di sanzioni per un’errata applicazione della disciplina agevolativa.

Peraltro, qualora alla luce di chiarimenti interpretativi emerga la spettanza di un beneficio inferiore rispetto a quanto fruito, l’impresa può ritenere applicabile l’esimente delle obiettive condizioni di incertezza interpretativa della norma e, pertanto, potrà regolarizzare la propria posizione secondo le ordinarie regole, senza applicazione di sanzioni, provvedendo al versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione e dei relativi interessi e presentando apposita dichiarazione integrativa.

Inoltre, come ribadito da Il Sole 24 ore lo scorso 26 marzo, nel caso in cui, in sede di eventuali controlli, vengano mosse obiezioni di carattere interpretativo, quale ad esempio l'eventuale carenza del requisito della novità della ricerca per potere beneficiare dell’agevolazione, si ritiene che non potrebbe ricorrere l’ipotesi del «credito inesistente», ma al più quella del credito «non spettante», che prevede una sanzione ridotta. La sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti, che implicano l’assenza di qualsivoglia presupposto costitutivo, dovrebbe riguardare, infatti, le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente.

Si ripercorrono nel prosieguo i principali chiarimenti da ultimo resi da Agenzia delle Entrate circa il bonus R&S.


Ricerca commissionata da un soggetto estero a una società italiana

Con effetto a partire dal periodo d’imposta 2017 (rectius dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016) è riconosciuto il credito d’imposta anche alle imprese italiane commissionarie che eseguono attività di ricerca e sviluppo per conto di soggetti esteri, residenti o localizzati in altri Stati membri dell’Unione europea, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati collaborativi, compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996. Prima di tali modifiche, potevano fruire dell’agevolazione soltanto le imprese che si assumevano in proprio sia i rischi dell’attività di ricerca e sviluppo che i vantaggi economici ricavabili dai risultati.

Con la risposta n. 83 del 26 marzo 2019, oltre a delucidazioni specifiche per il settore farmaceutico, Agenzia delle Entrate, riportando un parere del Ministero dello Sviluppo Economico, ha esplicitato che per il calcolo del credito d’imposta spettante al soggetto commissionario non possano assumere rilevanza le attività di ricerca e sviluppo che lo stesso soggetto commissionario subappalti ad altri soggetti; tuttavia, qualora le attività di ricerca e sviluppo siano subappaltate dal soggetto commissionario ad altri soggetti, pur sempre residenti nel territorio dello Stato, l’eventuale diritto al credito d’imposta può essere fatto valere, in via di principio e alle stesse condizioni previste dalla disciplina agevolativa, direttamente dal soggetto che esegue tali attività in subappalto.
Assumono, pertanto, rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo che siano svolte direttamente dal soggetto commissionario in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.

Pur auspicando ulteriori chiarimenti ufficiali al riguardo, appare condivisibile la lettura effettuata da Il Sole 24 Ore, lo scorso 30 marzo, per la fattispecie di ricerca commissionata da un soggetto estero a una società italiana e da questa a sua volta subcommissionata. Secondo Il Sole 24 Ore, la commissionaria italiana può fruire del beneficio se sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

  • essa svolge una reale attività di ricerca e sviluppo direttamente presso i propri locali in Italia,
  • e si avvale dell’attività di soggetti in Italia che non possono maturare il beneficio, poiché si tratta di professionisti o collaboratori coordinati e continuativi che non possiedono il requisito soggettivo per usufruire del credito d’imposta, o perché sono terze imprese la cui prestazione non individua in modo specifico e puntuale un sotto-progetto autonomo.

Cessione del Credito d’imposta

Con la Risposta n. 72 dell’ 8 marzo 2019, Agenzia delle Entrate ha chiarito che il beneficio del credito d’imposta R&S, in via generale, non è cedibile a terzi ma è fruibile esclusivamente dal soggetto che ha effettivamente sostenuto la spesa, salvo alcune eccezioni. Il trasferimento della titolarità è ammissibile unicamente nei casi in cui specifiche norme giuridiche prevedono la confusione di diritti ed obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati quali ad esempio, tra le operazioni di riorganizzazione aziendale, la fusione, la successione per decesso dell'imprenditore individuale, la scissione, la cessione di un ramo d'azienda.

Nel caso esaminato da Agenzia delle Entrate, la società istante, che nel 2016 ha maturato un credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, richiede di poter effettuare la cessione del citato credito ad altra società di capitali, tenuto conto che è stata fatta una cessione di un ramo d'azienda, ma il suddetto credito non è stato ricompreso nel perimetro della cessione ed è, quindi, rimasto iscritto nel bilancio della società istante. La risposta resa dall'Agenzia delle Entrate è negativa. Il fruitore del credito è il soggetto che ha sostenuto la spesa; avrebbe potuto, però, cederlo nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato, ma l’istante, all’atto della cessione del ramo d’azienda, ha scelto di non avvalersi di tale facoltà, con la conseguenza che il credito rimasto nella sua disponibilità non può successivamente essere ceduto a terzi.


Imputazione temporale dei costi capitalizzati

Con la risposta 73 del 13 marzo 2019 Agenzia delle Entrate ha ribadito che anche i costi capitalizzati concorrono alla determinazione del credito di imposta spettante nei singoli periodi agevolati, secondo quanto previsto dall’art. 109 TUIR, indipendentemente dal processo di ammortamento. Ne consegue che, ad esempio, laddove vi siano costi sostenuti nel triennio 2012-2014, relativi a prestazioni ultimate in tale periodo, ancorché capitalizzati e sottoposti ad ammortamento a partire dal 2018, rilevano esclusivamente in quel triennio ai fini del calcolo della media.


Beni immateriali

Nell’ambito della risposta 73 del 13 marzo 2019, Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni in merito ai costi eleggibili afferenti alla voce delle “competenze tecniche e privative industriali”.

Il marchio, in quanto segno che permette di distinguere i prodotti o i servizi realizzati o distribuiti da un’impresa da quelli di altre aziende, non rientra nel novero delle privative eleggibili, in quanto non ha il carattere di invenzione industriale richiamato dalla normativa del credito d’imposta R&S.

In merito al costo del brevetto, Agenzia delle Entrate il 13 marzo u.s., con un intervento esegetico, ha allargato le maglie agevolative rispetto all’impostazione pregressa, indicando che tale privativa concorre alla determinazione della spesa incrementale in misura proporzionale all'impiego della stessa nello svolgimento di attività eleggibili. Correggendo sul punto la risposta 73, il 27 marzo Agenzia delle Entrate ha chiarito, con la risposta 86/2019 che i costi sostenuti per l'acquisto, anche in licenza d'uso, dei beni immateriali, di cui alla lettera d) assumono rilevanza, tanto ai fini della calcolo della media storica e tanto ai fini del calcolo delle spese ammissibili del periodo agevolato “…solo se i suddetti beni siano utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio”.


Innovazione di processo

Con la risoluzione 40/E del 2 aprile 2019, Agenzia delle Entrate, sulla scorta anche del parere del Ministero dello Sviluppo Economico, a fronte di un interpello è intervenuta in merito alla realizzazione di un progetto basato su un sistema informatico condiviso «cross-department» per la gestione delle informazioni in tempo reale.

E’ stato confermato che quanto rientra nella mera innovazione di processo non può fruire del credito di imposta per R&S.

Non è agevolabile il semplice utilizzo da parte dell'impresa di tecnologie esistenti e già diffuse nel settore di appartenenza che rappresentino semplicemente un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa.
Ai fini del credito d’imposta R&S, rilevano progetti intrapresi per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note; attività che, dunque, presentano elementi di novità e creatività nonché un grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico.

Il caso illustrato nell'interpello non ricade in questa fattispecie, ma riguarda investimenti in capitale fisso (immobilizzazioni immateriali) finalizzati ad incrementare la funzionalità e le prestazioni dei supporti informatici a disposizione dell'azienda, attraverso lo sviluppo di applicazioni che, pur potendo presentare varianti rispetto alle alternative già esistenti sul mercato, si basano, comunque, sull'utilizzo di strumenti e tecnologie già ampiamente diffuse anche nello stesso settore in cui opera l'impresa. In altri termini, le attività intraprese dalla società, pur rappresentando investimenti innovativi, funzionali, se non necessari, per l'efficientamento dei processi di produzione dei servizi dalla stessa realizzati, si sostanziano nell'applicazione di moderne tecnologie già note e già introdotte anche nel settore di appartenenza e si ricollegano, in senso ampio, alla "digitalizzazione" dei processi di produzione.




Newsletter inviata il giorno 03/04/2019


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